Sai mangiare con gusto?
Che cos’è per te il piacere di mangiare? Che cosa significa mangiare con giusto? Vuol dire poter mangiare senza limiti? Vuol dire sentire un’esplosione di sapori all’ennesima potenza? Oppure significa avere il tempo di assaporare un piatto? Di coglierne i sapori e i profumi, la consistenza e le peculiarità?
Alcuni pazienti mi raccontano che quando mangiano seguendo la dieta è come se non mangiassero davvero, mentre il piacere di mangiare avviene sono nella trasgressione. Prima di approfondire il meccanismo psicologico della trasgressione, possiamo osservare come questa dicotomia del piacere/non piacere di mangiare fuori/dentro la dieta non abbia molto senso logico: anche se mangiassimo, per esempio, solo un buon pomodoro maturo potremmo facilmente sentirne il gusto intenso e provare piacere per quel cibo, seppure diverso da un piatto di patatine fritte.
La prima riflessione che possiamo fare è che il gusto, e il piacere che ne deriva, non dovrebbe essere visto come un interruttore ON/OFF, ma piuttosto come una scala di intensità di sapori. Su di questa possiamo posizionare la nostra zona di maggiore piacere, che non per forza corrisponde al limite massimo della scala.
Quel che conta è la nostra sensibilità al gusto, che può essere allenata e che poi va a modificare la nostra zona di maggiore piacere. Per fare un facile esempio, se mi abituo a salare di meno, quello che prima mi risultava gustoso adesso è troppo salato. Mi piace utilizzare una metafora musicale per spiegare questo concetto: se ho un orecchio allenato a cogliere i suoni, le differenze, i dettagli, i ritmi, gli intervalli, ecc. probabilmente non sarà una musica al massimo volume la mia preferita, anzi.
Ma torniamo alla trasgressione, per capire perché a volte il piacere diventa ON/OFF. Ciò avviene quando entriamo in uno schema mentale rigido e severo che, se perpetuato nel tempo, porta a sviluppare un’ossessione per il cibo, per il peso e per le calorie. Se l’alimentazione diventa un processo puramente meccanico, carico di divieti e senza spazio al gusto, al piacere, al desiderio, all’ascolto del corpo, al riconoscimento di sé, dei bisogni e delle emozioni, è allora altamente probabile che avremo dei momenti compensatori, con sgarri e abbuffate all’interno della dieta, oppure abbandonandola del tutto fino alla prossima redenzione. Ci Sentiremo giusti e determinati prima, colpevoli e fallimentari poi.
La dieta equilibrata non ha a che fare solo con i nutrienti, ma anche con la nostra parte psicologica che innanzi tutto va riconosciuta e rispettata. Omettere il gusto e il piacere dalla dieta è una strada spesso fallimentare. Quando andiamo per estremi stiamo confinando qualcosa al di fuori, che inevitabilmente ritornerà più forte. Trovare il punto di equilibrio non è facile, ma neanche così complicato quanto a volte si creda. È importante sgombrare il campo dai miracoli e mettersi in gioco, in modo curioso e aperto, con un impegno quotidiano, ma gentile, fatto non solo di divieti, ma anche di (ri)scoperte e di nuovi significati.
E se ci accorgiamo che da soli non riusciamo, che abbiamo bisogno di inserire qualcosa di diverso per muoverci verso il cambiamento, chiedere una mano è un atto di coraggio e di determinazione. Rivolgerci a professionisti qualificati può essere la strada migliore al raggiungimento dell’obiettivo e a una ritrovata fiducia di sé.