Cos’è (davvero) la mindfulness e perché può aiutarci
La Mindfulness sta attraversando negli ultimi anni un forte momento di notorietà e, come sempre in questi casi, anche di banalizzazione. Proverò a spiegare in questo articolo che cos’è (davvero) la mindfulness e come può esserci utile.
Un processo simile a quello che sta vivendo oggi la mindfulness ha caratterizzato lo Yoga qualche tempo prima: una pratica ampia e articolata, spesso insegnata da maestri con una lunga formazione alle spalle, che con la diffusione ha visto una concomitante alienazione della disciplina a una sorta di workout, con flotte di nuovi insegnanti generati nel tempo di un weekend. Non è mia intenzione difendere titoli, tradizioni o categorie, ma provare a distinguere ciò che è basato su conoscenza, esperienza e professionalità dal resto.
Quello che facilmente si osserva in questi processi è la fisiologica diluizione che accompagna una disciplina quando si diffonde; un ampliamento dell’offerta nella quale finisce per entrare di tutto e che rende poi più difficile distinguere, orientarsi e scegliere. Detto diversamente: quando un’attività diventa trendy, anche la sua pratica e il suo insegnamento lo diventano, e in molti casi la forma emerge sulla sostanza. Se invece siamo più interessati a quest’ultima possiamo allora entrare nel merito e domandarci:
Che cos’è la mindfulness e perché può aiuarci?
Partiamo da un punto. Che piaccia o meno, ogni versione rapida, smart, in pillole, ecc. non può essere un apprendimento reale di mindfulness. Queste pratiche, chiamate così non a caso, si basano su semplici ma lunghi processi di apprendimento che ci portano a sviluppare nel tempo maggiore consapevolezza del corpo e della mente. Ciò non significa che si tratti di una noiosa attività per eremiti fuori dal tempo, anzi. Proprio perché ci troviamo immersi in un mondo sempre più veloce, frenetico e spesso riduttivo la mindfulness può essere molto utile perché permette di riequilibrarci, ma le sue caratteristiche non possono che essere posizionate sul versante opposto, quello cioè della lentezza, della profondità e della calma.
La mindfulness non è l’apprendimento di un concetto, tantomeno di uno slogan, ma lo sviluppo progressivo di uno spazio di quiete per ritrovare il contatto con noi stessi. Attraverso l’abitudine a vivere questo momento dedicato, possiamo imparare a vederci, comprenderci e orientarci meglio.
Nella sostanza la mindfulness è un insieme di attività meditative (orientate principalmente al corpo, al respiro e ad alcuni processi mentali) che aiutano a sviluppare presenza mentale e consapevolezza. Il fine è portarle poi il più possibile al di fuori della pratica, cioè al servizio della vita quotidiana.
Il termine nasce all’interno del contesto medico e psicologico alla fine degli anni ’70, ma l’origine affonda nelle antichissime tradizioni meditative orientali, in particolare nella pratica di Vipassana del buddismo Theravada. Tuttavia il contributo della scienza medica e psicologica è molto importante perché ha permesso di adattare queste pratiche al nostro contesto occidentale, svincolandole dalla componente spirituale e religiosa.
Inoltre decenni di ricerca scientifica hanno permesso di evidenziare i numerosi benefici psicofisici della meditazione in differenti contesti, quali: il lavoro, gli ospedali, la scuola, la famiglia, lo sport, ecc. Le principali evidenze riguardano: la riduzione dello stress, delle escalation emotive, dell’impulsività, il miglioramento del tono dell’umore e, più in generale, un’azione preventiva della sofferenza psichica.
Possiamo tradurre Mindfulness come piena consapevolezza, che va intesa non solo a livello mentale (cognitivo), ma estesa a tutto il corpo e al nostro spazio interno, fatto di emozioni, sensazioni, percezioni, sentimenti, vissuti, pensieri, ecc. La consapevolezza, è questo l’aspetto più importante, non è fine a se stessa, ma può essere al contrario qualcosa di estremamente concreto perché ci permette di agire in modo meno automatico e impulsivo. Attraverso di essa impariamo a scegliere come agire, in modo più mirato, più lucido, più consapevole appunto. La mindfulness ci aiuta a ripulire la mente (e il cuore) dal superfluo, così da percepire ciò che c’è in modo più chiaro e meno confuso.
Come si impara la mindfulness?
L’apprendimento, come già anticipato, non può che essere lento e progressivo, ma ciò non significa che non possa essere anche piacevole e motivante. Ciò che è indispensabile è un percorso che permetta di vivere e rivivere l’esperienza della meditazione, di farla sedimentare, di sviluppare presenza mentale e consapevolezza e, attraverso di esse, favorire dei cambiamenti. Per questo la maggior parte dei corsi prevede una durata tra le 8 e le 10 settimane, trascorse le quali ognuno sarà in grado di proseguire in modo autonomo.
La mindfulness non richiede doti particolari, ne obiettivi definiti da raggiungere. Gli unici ingredienti richiesti sono un pizzico di motivazione, di curiosità e di fiducia in noi stessi.
A mio avviso è fondamentale che l’insegnamento sia guidato da uno psicologo per una ragione ben precisa. L’apprendimento della mindfulness non è la trasmissione di contenuti né l’esecuzione di un protocollo di esercizi, ma un’esperienza articolata che ci mette a contatto con noi stessi e nella quale è importante poter essere ben guidati, soprattutto all’inizio. Per questo è necessario che l’insegnate possegga non solo una buona conoscenza della disciplina, ma anche un’ampia conoscenza della psiche umana per accompagnare ognuno nel proprio percorso. In assenza di quest’ultima, facilmente l’insegnante seguirà il proprio modus operandi, sperando possa andare bene con tutti, ma spesso così non è.
Per approfondire ulteriormente la mindfulness e trovare informazioni su corsi e workshop visita la pagina https://www.gionatanmandice.com/mindfulness/