Disinnescare la fame emotiva con la consapevolezza alimentare
L’alimentazione per molte persone può diventare un problema, a volte un’ossessione. In numerosi casi non è tanto (o non solo) l’idea di un’alimentazione corretta a mancare, ma il riconoscimento degli stimoli “artificiali” che ci inducono a mangiare, spesso in modo automatico.
Stress, preoccupazioni, insoddisfazione, noia, mancanze, cattive abitudini, sono solo alcuni esempi di stimoli esterni che col tempo si sostituiscono ai naturali stimoli di fame e sazietà dai quali tendiamo progressivamente e inconsapevolmente ad allontanarci. Portare consapevolezza a questi processi che, nostro malgrado, abbiamo automatizzato è il primo passo per invertire la rotta.
Proviamo ad osservare come mangiamo. Mangiamo spesso in modo affannato e distratto, tra un’attività e l’altra, guardando uno schermo (forse lo stai facendo proprio adesso) o pensando al prossimo impegno lavorativo. Altre volte utilizziamo quel momento come valvola di sfogo, come sostituzione di piaceri e di mancanze o come ricompensa. Poniamo così le basi per un’alimentazione scorretta che, con buona probabilità col trascorrere del tempo, porterà un aspetto corporeo non soddisfacente. Da qui possono derivare senso di colpa e svalutazione di sé, con conseguente rifugio consolatorio nel cibo a chiudere il circolo vizioso. Non è la regola, ma uno schema piuttosto diffuso.
Inoltre, quando l’alimentazione diventa un problema, facilmente si sviluppa un rapporto conflittuale col cibo che spesso porta a perdere il piacere di mangiare.
Anche se riconosciamo alcune di queste dinamiche, più difficilmente le riusciamo ad osservare nel momento in cui si manifestano, soprattutto se in forma di impulso. E qui veniamo al punto.
Quando in termini psicologici parliamo di consapevolezza non significa semplicemente essere a conoscenza, ma implica riuscire a portare attenzione ai propri processi mentali nel momento in cui avvengono. Questo passaggio è fondamentale per sviluppare una spazio di azione non automatico, che permetta l’osservazione, la scelta e il cambiamento.
Ciò è stato messo in luce soprattutto dagli studi sulla mindfulness che, nella sua veste rigorosa, è un insieme di pratiche, validate scientificamente, che ci aiutano a riprendere contatto con noi stessi nel momento presente.
Portare consapevolezza al modo in cui mangiamo e viviamo il pasto è perciò il primo passo per ripulire quel momento da ciò che non gli appartiene. Riconoscere gli stimoli di fame emotiva per quello che sono e ritornare a sentire i naturali stimoli corporei di fame e sazietà permette di riconnetterci con il sano ed equilibrato piacere di mangiare. In questo modo possiamo invertire il circolo vizioso, riducendo il nostro giudizio negativo, disinnescando la guerra con il cibo e ritrovando con il tempo un’immagine di noi stessi più soddisfacente.
La mindfulness applicata all’alimentazione non è una psicoterapia (che resta la strada più idonea al trattamento dei disturbi alimentari importanti) ma è un percorso psicologico finalizzato a sviluppare maggiore capacità di autoregolazione e di autodeterminazione nell’individuo, con significativa influenza sull’autostima, attraverso l’apprendimento di riflessioni, pratiche ed esercizi di consapevolezza.