Il bisogno di contatto
“Devo farcela da solo! Devo trovare la forza dentro di me, posso contare solo su me stesso!”
È una frase che sento spesso in seduta e ogni volta mi suscita una certa tristezza. Fa parte di tutti noi in qualche modo, fa parte della nostra cultura orientata all’individualismo. Non sto mettendo in discussione il legittimo bisogno di autoaffermazione, quanto piuttosto l’idea diffusa di autosufficienza, di una solitudine rivendicata, al retrogusto di rassegnazione, che radicandosi inaridisce il terreno, a volte fino all’estremo.
Ma l’essere umano è animale sociale, come già diceva Aristotele, e tende per natura ad aggregarsi. Goldstein, neurologo ed esponente della psicologia della Gestalt, sosteneva che l’unico vero istinto del comportamento umano è quello di interagire con l’ambiente circostante e solo nell’interazione con esso soddisfa i propri bisogni. Allora perché così spesso si pensa all’individuo come entità autosufficiente?
L’indipendenza è una retorica dei nostri tempi che permea ogni ambito della società e che squalifica i bisogni relazionali, che invece ci caratterizzano evolutivamente. La separazione individuo-ambiente a volte è veicolata anche dalla medicina e da una certa psicologia che propongono le “giuste” soluzioni, andando a correggere l’individuo verso la media, in modo avulso dal suo ambiente specifico, oltreché dalle sue caratteristiche specifiche. Ma nessun comportamento può essere buono, sano e soddisfacente a prescindere dal contesto e dalla persona. È invece sempre una configurazione unica e irripetibile nell’incontro tra la persona e il mondo.
La psicoterapia della Gestalt descrive il confine di contatto come il “luogo” nel quale accade l’esperienza, dove avviene l’incontro con il mondo e con l’altro. È il luogo che può far emergere ciò che siamo oppure reprimerlo. Non ci sono traiettorie predeterminate, soluzioni sempre valide e già conosciute, ma ci sono le innate capacità della persona di interagire con l’ambiente, quando trova il sostegno e la sicurezza necessari in sé e intorno a sé, per emergere autenticamente.
Diventato raro e fugace, il contatto diventa bisogno prezioso, ma spesso negato, dei nostri giorni. È infatti solo nel contatto con l’ambiente sociale che l’individuo potrà trovare un’autentica e vitale espressione di sé. In quest’ottica la psicoterapia non è un indirizzamento sulla strada aprioristicamente giusta, ma è la creazione di uno spazio relazionale accogliente e non giudicante, ampio e creativo, per riconoscersi, per riscoprirsi e per delineare la propria traiettoria.